1971, NASCE IL GRUPPO GIOVANILE PARROCCHIALE (GGP) DI MADONNA DI POMPEI
50 anni sono ormai trascorsi da quando agli inizi degli anni ’70 Gesù portò a compimento, sul nostro territorio, un altro dei suoi meravigliosi progetti: la nascita di una nuova Parrocchia in una zona che già in quel tempo prometteva una forte espansione abitativa. Proseguì il completamento dell’opera facendoci dono di un’altra “Perla Preziosa”: pensò che quella parrocchia doveva essere dedicata ad una figura imponente, celestiale, universalmente riconosciuta coma la Madre di tutti i popoli ed ecco che venne dedicata alla Venerabilissima e Dolcissima Vergine del Rosario. E però Gesù si spinse oltre concedendoci anche il dono della presenza dei Frati Francescani i quali forti degli insegnamenti e del prezioso testamento ereditato dal Serafico Padre Francesco d’Assisi - fondatore dell’Ordine – ben conoscevano le “tecniche” necessarie per “seminare” un terreno bisognoso di una evangelizzazione vera, profonda, genuina che potesse rispecchiare la bontà del messaggio Francescano (introduzione di Tonino Alfieri)
Il GGP delle origini (di Tonino Alfieri)
Tonino Alfieri è stato uno dei primi giovani entusiasti GGP; ha iniziato sin da subito a frequentare la neo Parrocchia Madonna di Pompei ed ad aiutare i Frati Francescani nel primo impianto religioso della comunità. Altresì è stato il primo Akela del gruppo scout Agesci Catanzaro 5. Ha preparato per il 50-esimo della Parrocchia una simpatica ed originale testimonianza (click su foto e/o titolo per leggere l'articolo integrale)
Il cineforum (di Enzo Rappoli)
Tra le esperienze che hanno qualificato l'impegno costante della Chiesa italiana per intercettare la cultura del tempo occupa uno spazio di particolare rilievo il servizio svolto dalle sale della comunità. Con "sala della comunità" non si definisce solo uno spazio fisico, ma si indica una precisa attitudine della comunità cristiana a diffondere il messaggio evangelico, coniugandolo con le diverse espressioni culturali e utilizzando i linguaggi propri della comunicazione moderna. Il progetto dei locali parrocchiali aveva infatti previsto una bellissima sala da noi GGP chiamata il “salone parrocchiale”. Il salone divenne una “sala della comunità” anche grazie al cineforum domenicale, straseguito da noi giovani GPP. Rispettando tutte le regole dell’epoca ed in un certo senso in anticipo rispetto alle successive determinazioni della CEI, la prima Comunità dei Frati Francescani della Parrocchia Madonna di Pompei, ed in particolare il giovane Padre Giorgio Andolfi in quanti profondo studioso delle dinamiche religiose giovanili, volle istituire il cineforum domenicale; Padre Giorgio Andolfi, in qualità di coordinatore culturale del cineforum, fu affiancato in qualità di moderatore da un altro esperto sacerdote di un’altra Parrocchia della Provincia di Catanzaro. A seconda della programmazione, coordinatore e moderatore invitavano persone di esperienza che avrebbero potuto arricchire il dibattito culturale. La domenica era quindi un giorno da vivere in piena comunità per tanti giovani, dopo la celebrazione liturgica domenicale al mattino si continuava al pomeriggio con il cineforum. Entusiasti erano anche i “giovani tecnici” addetti al cineforum che svilupparono abilità e capacità utili a sé ed alla comunità GGP e parrocchiale tutta.
Il ciclostile (di Enzo Rappoli)
Un’altra bellissima esperienza, anch’essa coordinata da un inesauribile Padre Giorgio Andolfi, che ha qualificato l’azione della comunità parrocchiale ed in particolare di quella del GGP, è quella della produzione in proprio mediante ciclostile manuale del giornalino parrocchiale. Il primo giornalino fu stampato con il ciclostile in bianco e nero nel 1973 e si chiamava “SHALOM PACE”. Successivamente fu anche introdotto il cambio colore. Con Padre Giorgio Andolfi Parroco fu acquistato un più performante ciclostile elettrico e sempre con il cambio colore. Per stampare a colori bisognava cambiare i rulli e pulire alla perfezione e con non poca fatica il macchinario. I primi GGP a lavorare sul giornalino parrocchiale furono Enzo Rappoli, Franco Talotta e Lino Piraino. Solo nel 1981, quasi dieci anni dopo l’inizio pioneristico, fu costituita l’associazione SHALOM e furono comprati nuovi macchinari di tipo offset.
1975 I GIALLOROSSI INVITATI AL MINIFESTIVAL CANTANTI ORGANIZZATO DALLA PARROCCHIA
Al Minifestival cantanti organizzato dalla Parrocchia irrompono gli eroi giallorossi
1975 LE LEGENDE GIALLOROSSE (DI MARZIO, PALANCA, RANIERI) AL MINIFESTIVAL CANTANTI
Nella foto Palanca, Ranieri e l'allenatore Di Marzio ospiti al Minifestival cantanti organizzato dalla Parrocchia
1975 FOTO DI GRUPPO MAESTRO E MINICANTANTI
L'indimenticabile Padre Camillo, maestro di musica e di vita
ENZO RAPPOLI E PADRE ALFONSO DI BARTOLO
Enzo Rappoli, uno dei principali animatori del GGP, componente per molti anni della redazione di SHALOM, con il primo Parroco Padre Alfonso di Bartolo
PADRE GIORGIO E DON DINO APPENA SACERDOTE (1979)
Padre Giorgio e Don Dino Piraino, instancabili animatori spirituali del GGP, nel giorno del sacerdozio di Don Dino
ROSALDO BELLAVITA, IL SEMINARISTA AMICO DEL GGP
La storia del GGP si è incrociata con quelle di vita spirituale straordinaria di Don Dino e del suo caro amico e collega seminarista Rosaldo Bellavita
ROSALDO BELLAVITA IL SEMINARISTA NEL CUORE DI DIO (prefazione di Don Mimì Graziani)
Il bellissimo libro che Don Antonio Morabito ha dedicato a Rosaldo Bellavita, seminarista amico del GGP e soprattutto di Don Dino
Presentazione
Sono lieto di poter testimoniare io, per primo, la mia gratitudine al Signore e ad Don Antonio Morabito per avermi permesso, con amorosa attenzione, di avvicinarmi a Rosaldo Bellavita. Ritornando nel mio seminario "S.Pio X" di Catanzaro, nel 1975, sentivo parlare intensamente di questo giovane, ma, in questo ricordo, mi sembrava che prevalesse la sofferenza ed il compianto per una fine prematura e violenta. Frequentando, negli anni successivi, alcuni suoi amici intimi, compagni di seminario, mi accorsi che la memoria era sostenuta e vivificata da qualcosa di piú profondo; lo scritto di don Antonio me lo rivela, contestualizzando in modo proprio ed in piena aderenza, le riflessioni dello stesso Rosaldo. Resto colpito dalla sua semplice schiettezza, dalla percezione chiara del cammino intrapreso e dei suoi orizzonti, e dalla fedeltá del percorso. Le tappe non sono saltate, tutt'altro, sono fedelmente toccate, anche laddove si pongono come punte nude. La testimonianza del giovane ci dice che si tratta non della nuditá terrificante dell'esperienza incompiuta, quanto piuttosto della nuditá di chi é riuscito a vivere lo svuotamento di sé nell'abbandono fiducioso a Dio e che ti si presenta a mani vuote solo se tu lo collochi al di fuori della luce di Cristo; nel Cristo ti é dato di godere la maturazione di una vita per una fruttificazione che il ministero avvolgente della luce di Dio tí consente di penetrare, solo che anche tu riesca a lasciarti afferrare in questa scia di abbandono fidente. Grazie, Signore Dio, per Rosaldo; grazie don Antonio, perché ce lo fai conoscere di piú. Leggi ancora ...
Domenico Graziani Vescovo di Cassano allo lonio
Introduzione
L'anno giubilare 2000, come gruppo di sacerdoti, compagni di classe ordinati nel 1979, ci siamo recati a Laino Borgo, paese nativo di Rosaldo Bellavita; li siamo andati nel cimitero locale, nel venticinquesimo ricordo di Rosaldo, prematuramente scomparso nel mare di Praia. Fu il fratello maggiore Adriano a ricordarci un particolare della mattina del 5 luglio 1975: Rosaldo volle essere svegliato all'alba per prendere la corriera che, dai monti del Pollino doveva portarlo nella nota localitá dell'isola di Dino. Dopo, soltanto i rumori della disgrazia ed il lungo silenzio della morte sembró dover porre fine ad una vita che sembra simile alle troppe sciagure che ascoltiamo frequentemente ai giorni nostri, soprattutto quelle che colpiscono tanti giovani che, per diversi incidenti lasciano questo mondo. Nel piccolo cimitero del paese, ancor di piú nell'Eucarestia celebrata presso il rinnovato Santuario delle Cappelle di Laino Borgo, ho percepito che Rosaldo non era soltanto una persona, cosi sciaguratamente scomparsa, ed il cui nome potesse restare nell'oblio, perché egli aveva dedicato la sua vita al Signore. Rosaldo era entrato al Seminario di S. Marco Argentano; poi, al Pio XI di Reggio, per il Liceo Classico; al San Pio X di Catanzaro, dove ha concluso il primo anno filosofico-teologico. Quella del seminarista fu la condizione che lo caratterizzó fino alla fine della sua vita. Non facendo parte, a quel tempo, di quegli amici di Seminario, ho voluto acquisire alcuni scritti riassunti dopo la morte di Rosaldo. Lessi il diario e con grande stupore mi accorsi che Rosaldo non era uno tra altri; ció venne suffragato dai suggestivi scritti e dalle sue meravigliose lettere lasciate a qualche amico. Fui colpito dall'idea di scrivere su di lui perché la sua memoria rimanesse viva sia a Laino, sia per chiunque voglia accostarsi alla storia di un'anima. In un suo scritto, Rosaldo dichiarava di avere abbandonato l'idea del diario perché, mentre era sul treno, leggeva questa frase: "Chi scrive molto finisce con il tradirsi". Egli pensó molto a questa frase concludendo, poi, che non c'erano motivi di tradimento: "se qualcuno legge le mie pagine? Bene per me e per lui: per me perché posso avere consigli che mi aiutano, quando ne avró bisogno; per lui perché potrebbe trarne qualche consiglio dagli scritti". Anch'io ho concluso che valeva la pena di scrivere, proprio per i motivi suddetti dallo stesso Rosaldo e poter raccontare la storia di un seminarista secondo il cuore di Dio. L'interpretazione del profeta Geremia é stata facile avviarla, proprio attraverso uno scritto di Rosaldo che, cosi, affermava: "Si, o Signore, gli orizzonti si allargano smisuratamente in questa dimensione, il mio cuore non si sente legato a niente, se non solo a te; ecco sono pronto ad abbandonare tutto quando tu voglia; ecco la vocazione che mi hai data, acquista un altro significato, quello vero. Non sono io che ho scelto questo, ma sei solo tu che hai scelto per me e cosi tu me l'hai data e, cosi, tu puoi togliermela a tuo piacimento". Da queste ed altre parole si intuisce come sia stato pensato altro per Rosaldo e, nello stesso tempo, il Signore mantiene le promesse che ha detto per bocca del profeta Geremia: "Vi daró pastori secondo il mio cuore" (Ger3,15). Questo scritto vuole ripercorrere alcune tappe della storia di Rosaldo, nel contesto am bientale che é quello del Seminario, dove si vivono le amicizie piú semplici: si prega, si studia, si vive con i Superiori ed i compagni; in una parola, ci si forma alla vita nella dimensione di speciale consacrazione al Signore. II racconto della storia dell'anima eletta di Rosaldo é liberamente tratta dai manoscritti riassunti come "diario": esso inizia presso il Seminario Pio XI di Reggio, per concludersi alla fine del primo anno di Teologia presso il San Pio X di Catanzaro, alle soglie della morte, avvenuta nel mare di Praia, il 5 luglio 1975.
La Preghiera
Nel contesto di un rapporto vivo con il Signore, Rosaldo desiderava stare di fronte a Dio che parlava al suo cuore, e cosi il suo io, interiormente gioioso, si esprimeva in una preghiera umile e silenziosa che arriverá come sacrificio gradito al Padre che lo esaudirá. Egli concede volentieri ció che si chiede sinceramente, sia per noi che per gli altri."Se un uomo, almeno per un istante, sentisse il bisogno di scappare dal mondo, ritirarsi solitario per i boschi, per le vallate, per i monti, nella propria casa, qui davanti a Te. Per Te, con Te. Oh!, se tutti capissero ció? La loro vita diventerebbe un paradiso! Come si risolverebbero tutti i problemi, come supererebbero i loro ostacoli!". Si evidenzia quella che é la caratteristica fondamentale di colui che vuole essere missionario con Gesú: portare tutti a Lui per far guadagnare il paradiso. Molti, invece, continuano a disperarsi, a stare lontani dal Signore, ad uccidersi con le proprie mani. Da qui emerge un grido di speranza: "Signore andiamo, mandami a portare il lieto messaggio ai disperati per far comprendere a tutti che senza l'unione con te, a tu per tu, tutto é vano, perde significato, niente é tua volontá. La realizzazione del Regno di Dio si avrá solo con il coraggio di fare silenzio, di ritirarsi in solitudine per riempirsi di Lui, per poi poter comunicare agli altri la gioia dell'incontro". Rosaldo, partecipando ad un ritiro insieme ad altri seminaristí, presso l'eremo San Francesco di Fiumara, ha descritto quella giornata: "Mi hai condotto Signore sul monte, tra gli alberi, tra le erbe della tua creazione, mi hai fatto vedere l'immensitá del cielo, la grandezza del mare: di contro la mia finitezza, la mia pochezza". In quella giornata di ritiro, Rosaldo ha paragonato la sua fragilitá a quella dell'erba che germoglia al mattino e la sera dissecca, avizzisce. Egli racconta di aver sentito la gioia degli uccelli, la loro spensieratezza, come anche il cielo grigio, il vento che faceva svolazzare la sua veste: ma agli uccelli interessava solo cantare e gioire. cd./h, affermato: "Come vorrei avere la loro gioia: tu me l'hai detto, valgo molto piú di essi. Di fronte a ció non posso far altro che prostrare a terra e gloriarmi della mia finitezza e pochezza, perché tu mi assicuri che tu sei con me: io ti ho sentito tanto vicino, da persona a persona". Nel contesto di una piena armonia con l'esperienza che stava maturando, Rosaldo ha osservato di avere meditato molto, dopo un incontro con il Padre spirituale e, ancora di piú con Gesú nella Cappella, per cui turbato scende in cortile e, poi, si reca verso il campo da gioco del seminario, versando grosse lacrime amare, come un fiume in piena. Egli ha commentato quella circostanza: "Piangevo sul mio nulla, sul mio egoismo. lo voglio fare tanto per i miei fratelli, voglio aiutare quelli che soffrono; guardandomi, mi accorgo che non so fare nulla, non ho i requisiti per fare tutto ció. II mio pianto si é spento solo nella preghiera, ho pregato molto e con ardo>>re . Da queste parole del giovane seminarista si comprende come la preghiera, non sia solo la richiesta di favori o semplicemente un momento devozionale, ma soprattutto é relazione della persona con Dio, a cui tutto si affida. É molto nobile che il giovane si affidi a Gesú, sin dall'etá giovanile, per affrontare il suo sogno che é quello di aiutare gli altri. Egli vuole essere aiutato a vivere, fino in fondo, una amicizia vera con i suoi compagni seminaristi. Soltanto nel colloquio con Gesú, Rosaldo raggiunge il vertice di questo abbandono: "Dopo, quando sono andato a letto, mi sono sentito meglio: ho sentito Gesú che mi stringeva la mano nella sua e che mi portava avanti". La preghiera raggiunge, quindi, il suo scopo quando ci si sente unití a Cristo, anche nelle cose piú semplici, come voler vivere un'amicizia autentica per la quale si resta, spesso, amaramente delusi a motivo dell'indifferenza.
Davanti al Santissimo
Si immagina che di fronte al Santissimo uno preghi in modo tradizionale, con delle preghiere consuete, abituali: il Padre Nostro, l'Ave Maria etc. La preghiera di Rosaldo era molto viva, il rapporto con il Signore era esperienziale: a Lui raccontava ogni cosa, anche la piú banale che ci fosse, come una lite che era insorta fra i suoi compagni. Durante una sua assenza dal campo di calcio del Seminario, alcuni giocavano una partita di pallone. Rosaldo parla con Gesú: "Oggi sono accadute cose orrende. Tu le hai viste? Non posso pensarci: se ci penso divento isterico e grido. Pensa: fare a pugni per il pallone! Picchiarsi a sangue; questi sono atteggiamenti da bestie inferocite. Non ne posso piú. Non so dove sono capitato, in un seminario o in una gabbia dove sono racchiuse bestie feroci!". Si rivela la sensibilitá del giovane, ma anche l'assoluta serietá quando si evidenzia una in coerenza tra le cose dette e quelle praticate. Per questo episodio Rosaldo non si dava pace: dice di averlo saputo quando non era presente in campo, di essersi talmente stizzito che aveva voglia di uscire dal seminario, andare via; poi, recandosi in Cappella si é ricordato di avere chiesto al Signore di fare piú pesante la sua croce, quando ci si accorgeva che quella che si portava era senza dolore. Il seminarista, poi, ha commentato: "venire in Cappella e dire tutti insieme: Padre Nostro: ma perché non pensiamo a ció, perché non lo mettiamo in pratica". Rosaldo ha desiderato la coerenza, come tensione verso la santitá, anche nelle cose concrete, quale puó essere una partita di pallone; egli voleva evitare litigi e conflitti per sapersi incontrare in quello che é non solo un momento sportivo, ma anche di gioiosa fraternitá. Da qui scaturisce la preghiera autentica, quella di chiedere perdono al Signore perché ci aiuti a cambiare, a soccorrere fino a che si é disponibili. Da un altro scritto si capisce come sia possibile questa intimitá del rapporto con Gesú, come una persona: un amico a cui dire tutto. Solo le preghiere tratte da una esperienza viva possono aiutarci a capire quanto sia fondamentale credere che Gesú non é solo un comandamento. "Signore, eccomi qui, davanti a te, persona viva e reale, tra poco scenderai su questa mensa e tí farai cibo per noi, e noi mangiandoti, saremo trasformati in te. Cosi, instaureremo con te un rapporto iscindibile che nessuno puó in alcun modo intaccare. lo e te saremo un solo Corpo, una sola Mente, una sola Anima e, cosi, per il mondo ce ne andremo cantando e saltando, lodando il nostro Padre celeste". Nel tabernacolo, Gesú é un vivente, un interlocutore a cui si puó dire tutto, perché vi sia un'incontro mistico, di afflato con il Signore della vita. "Signore, sono qui davanti a te, che sorridente, amorevole mi guardi, mi ami, e pensare che io Signore mi sento tutto infangato".
Il Peccato e la Misericordia
Fin dall'etá di quattordici anni, Rosaldo ha consapevolezza dei propri limiti, affermando che si confessava spesso, anche quando non aveva peccati mortali. Egli ha parlato dei peccati che sono tipici dell'etá puberale e adolescienziale, mettendoci una eccezionale volontá di non soggiacere a questi peccati, ma di alzare la testa per andare oltre il peccato e guardare alla misericordia di Dio."Cercheró di non commettere piú peccati impuri per tutta la mia vita, affinché rimanga sempre sotto l'incommensurabile amore di Dio. Il mio proposito di questa settimana é di essere cortese verso un compagno che mi é antipatico". La realtá di questi propositi mira soprattutto al raggiungimento della caritá, per cui anche il peccato piú lieve, richiede uno sforzo suppletivo per eliminarlo. "Mi sforzeró di essere piú caritatevole verso i miei compagni, cercheró di stare attento e di pensare a quello che dico durante le preghiere". Inizia, cosi, una delle prime riflessioni in cui il seminarista chiede di accettare la volontá del Signore, conoscendo le molte difficoltá nella vita spirituale: "vogliamo essere forti, oh Signore; quando cadiamo, aiutaci, fa che non abbiamo paura di rialzarci". Questa é una preghiera di Rosaldo nei primi anni di Seminario, ma che diventa, poi, uno dei motivi forti di essere seminarista: l'incontro con Gesú nella Cappella, vicino al tabernacolo e in ogni momento della vita. Rosaldo chiede al Signore di aiutarlo, perché é afflitto da tanti mali spirituali, ma, dopo un esercizio di pietá e devozione, dice: "Signore fa che non ti offenda piú con il peccato, fa che non mi dimentichi di te che, notte e giorno, te ne stai sacramentato, aspettando coloro che vengono a visitarti; fa che ti ami sempre piú e tí venga a visitarti spesso, per sentirti piú vicino a me". Rosaldo teneva molto alla purezza, considerandola una virtú suprema, rifiutando tentazioni che nell'etá giovanile presentano delle caratteristiche di particolare rilievo. Il seminarista si domandava: "Signore che debbo fare per guarire da questo male che mi tormenta giorno e notte?". Il giovane aveva capito che soltanto la preghiera autentica puó aiutare a vincere anche la piú ostinata natura del peccato: "quando ti prego per questo, cerco di pregarti o Signore, con tutto l'ardore che mi é possibile". Rosaldo é tanto autentico in questo fervore della preghiera che ritiene che il Signore lo vuole mettere alla prova, quando non vince le tentazioni: egli ricorda al suo intimo interlocutore che la carne é molto debole, anche se lo Spirito é pronto. Nella meditazione annotata nel manoscritto del suo ingresso al Seminario, Rosaldo ha paragonato quel suo stato di malessere a quello che Gesú provó nei giorni della sua passione e morte. "Quando stavi per essere consegnato nelle mani del carnefice pregasti il Padre che se fosse possibile, allontanasse quel calice amaro". Il paragone appare esagerato, in veritá non lo é, proprio per la serietá e l'intuito che ogni peccato va sconfitto, quando é ancora allo stato iniziale. Il seminarista ha affermato che, mentre Gesú aveva risolto di affidarsi totalmente nelle mani del Padre, egli si abbandonava ai piaceri della carne. L'unico modo di risolvere il peccato era, quindi, di affidarsi al Signore affinché potesse dare l'aiuto necessario, la Grazia per superare il peccato che é incline all'indole naturale dell'uomo. "Fa che anch'io sul tuo esempio, mi risolvo di dire al Padre: "Padre nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46). Non c'é una testimonianza maggiore di quella che serve per sconfiggere il male con il bene, perché Rosaldo annota che amare é volere il bene; questa veritá si approfondisce dimenticando se stessi per gli altri, perché solo chi non soffre, non ama. La veritá é mettersi al servizio di tutti per donarsi nel modo piú sublime di una caritá perfetta. Lo spirito che soffre per amore, lo ha conquistato.
L'Affettività
Rosaldo manifestava nei suoi scritti un equilibrio del tutto particolare con le ragazze, sentendo l'affettivitá tipica della sua etá, ma anche quel distacco necessario perché si stava preparando alla vita adulta con la consapevolezza di essere un seminarista. "lo con P.S. e M.R. siamo capitati in un vagone di prima classe e l'unico posto era il corridoio, davanti alla entrata, dove vi erano tre ragazze, delle quali una era molto simpatica e socievole; esse erano rimaste senza posto insieme alle loro valigie". Si sente in questo concetto l'imbarazzo del seminarista che ha questo impatto con delle persone dell'altro sesso: poche volte egli si era trovato ad avere un dialogo ravvicinato. "Dapprima le ragazze si dimostravano riservate, ma dopo aver rotto il ghiaccio si erano intrecciati oziosi dialoghi e confidenze, con un pó di malizia da ambo le parti. Le ragazze andavano a Bari: noi ci siamo dimostrati molto cavalieri, cedendo a turno l'unico sgabello che si trovava; esse da parte loro ci hanno offerto alcuni biscotti e le loro confidenze. Mentre viaggiavamo, alcune volte aprivo il finestrino e guardavo in alto verso il cielo stellato, dicendo: "Potró mai piacerti Signore?". Nel suo diario, Rosaldo annotava che stava scrivendo, quando era a letto, mentre tutti vedevano Canzonissima. Egli si sentiva un pó trascurato, preso da altre occupazioni su quello che in quei giorni gli stava accadendo. "Dal 29 novembre, sto andando sotto dalle suore, per la novena dell'Immacolata: siamo io e G., e ci siamo presi l'incarico di organizzarla. Ci vengono molte ragazze: dopo la funzione ci intratteniamo un pó con esse: questo é capitato solo la prima sera, perché accortici che erano poco serie, molto loquaci, ci teniamo da parte da esse". Da questo scritto si osserva il prudente ed umile seminarista che non ha l'immodestia di presumere sulle proprie forze, ma appena vede il pericolo di una tentazione se ne distacca, come nel caso citato delle ragazze un pó frivole e loquaci, che tendevano in qualche modo ad insidiare il candore di quei giovani seminaristi. Rosaldo si chiedeva perché mai gli altri si lasciavano opprimere dai loro problemi, non ricorrendo al Signore: bisogna concludere che non lo conoscono, perché altrimenti, saprebbero chi é, e quanto vale. Questa osservazione lo fa sentire un pó in colpa, perché lui che l'ha conosciuto e incontrato, non é riuscito a comunicarlo agli altri. "Ti ho tenuto sempre per me, anche se é presente in me quel ardore irrefrenabile che mi spinge a farti conoscere e a farti amare da tutti". Capita, cosi, anche nella sua famiglia, allorché Rosaldo, ritornato per le vacanze di Pasqua, si é ritrovato al veglione organizzato da un suo fratello: egli era riuscito a non farsi coinvolgere. "In un ambiente che non tí dico com'era: la danza era diventata un mezzo per soddisfare i propri istinti sessuali; eppure con Te, anche in mezzo al luridume, non si riesce a sporcare. Vorrei tanto gridare questo ai miei fratelli!". Da queste parole si comprende come il gio- vane sia attraversato dall'azione della grazia di Cristo che ha esercitato in lui, il potere della calamita che attrae il ferro: tanto Rosaldo era attratto da Cristo. Questa attrazione gli consentiva di stare in qualsiasi ambiente, anche il piú malsano, come quello descritto nel giorno del veglione organizzato da un suo fratello. Altra occasione in cui egli ha descritto la sua affettivitá é stata quella delle vacanze estive passate a Maratea. Il seminarista si domandava se si fosse allontanato dal Signore in quel periodo, oppure, l'avesse tenuto solo presente quanto meno nel le difficoltá: "Le tentazioni si fanno sentire piú pungenti e piú assidue, ma con Te vicino riesco a superare ogni ostacolo, vincendo le sfrenate passioni". Rosaldo ha dichiarato di essere stato in un incontro tra i giovani di Maratea esprimendo loro tutto il suo desiderio di darsi agli altri per donare Cristo. "Voglio donare tutto me stesso, perdonarti gli altri".
L'ARTE DI RAF
I FRATI ED I SACERDOTI CHE HANNO SOSTENUTO IL GGP
GGP BAND (1974)
1974 La band con i futuri Don Dino e Don Gesualdo e con Enzo Rappoli alla batteria suona al Festival dell'Emigrazione
LA PRIMA SQUADRA DI CALCIO DEL GGP
La prima squadra parrocchiale al torneo di calcio dedicato a Rosaldo Bellavita presso il Seminario Teologico Pio X di Catanzaro (seconda metà anni '70)
L'INDIMENTICABILE UNISEX 1977-1978
L'indimenticabile UNISEX (dal nome dello sponsor Boutique Unisex) che, allenata da Mister Marino e Mister Rappoli (seconda metà anni '70), continuò a rappresentare la Parrocchia nei tornei amichevoli
Foto da alcune gite del GGP anni '70
Personaggi "giovani" e "meno giovani" del GGP
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